Allor che il giogo barbaro (Marianna Martines)
Music files
ICON | SOURCE |
---|---|
File details | |
Help |
- Editor: Andrew Hathaway (submitted 2023-04-16). Score information: Letter (landscape), 143 pages, 9.39 MB Copyright: CPDL
- Edition notes: Full Score
General Information
Title: Allor che il giogo barbaro
Composer: Marianna Martines
Lyricist: Saverio Matteicreate page
Number of voices: 4vv Voicing: SATB
Genre: Sacred, Cantata
Language: Italian
Instruments: Orchestra
First published:
Description:
External websites:
Original text and translations
Italian text
Allor che il giogo barbaro scosse Israello afflitto,
Ed i suoi figli uscirono dall’oppressore Egitto:
Mostrò quel dì l’altissimo di sua potenza un segno,
Fondando nel suo popolo il santuario, il regno.
Lo vede appena, e timido sen fugge l’oceano:
E rimontò sollecito al fonte il bel Giordano.
Per gioia allor saltavano i monti, e le colline,
Come sui prati i saturi Arieti, e l’agnelline.
Da ignota voce e tacita sento ridirmi al core,
Trema la terra e palpita dinanzi al mio Signore:
Del suo diletto popolo dinanzi al Dio, cui piacque
Trar dalle rupi sterili chiare sorgenti d’acque.
Signor la tua non cambino pieta dei falli nostri
Per te sol fallo, e a’ barbari la gloria tua si mostri:
Onde a insultar non venganmi gli empi con tanto orgoglio:
Questo tuo Dio dove abita? Ove ha la reggia e il siglio?
Ei regna sull’ empireo il Nume onnipotente,
Quel che sol volle, a subito tutto formò dal niente.
Presso i stranieri popoli formansi i numi loro
Di propria mano gli uomini, tutti d’argento a d’oro.
Quindi è, che ciechi e mutoli sien poi codesti numi,
Benchè nel volto portino scolpiti e labbri e lumi.
Orecchie e nari inutili han gl’insensati Dei:
Non odono, non sentono i grati odor Sabei.
Il tatto, il moto mancano al piede ed alla mano,
Un suono aspetterebbesi dalle lor fauci invano.
No, che non son dissimili da questi numi stessi,
E chi ne fa l’immagini, e chi confida in essi.
Ecco (ne vuoi l’esempio?)
In lui sperò Israele: ed Ei l’aita, Ei rendesi
Suo difensor fedele.
Ebbe in lui sol fiducia d’Arrone la famiglia.
A custodirla ei provvido volge dal Ciel le ciglia.
V’ha quei che l’orme imprimono fra speme e fra timore?
Veglia per loro in guardia sollecito al Signore.
Egli di noi fo memore, ei con paterno zelo
A benedir noi miseri stese la man dal cielo.
Ed all’ antiche ingiurie ei dato al fin perdono,
Di benedir compiacquesi il sacerdozio e il trono.
Che più sospiri e lagrime, se oggi è il perdon concesso
A tutti quei che il temono, ad ogni etade e sesso?
Deh! Così ognor propizio il nostro Dio si mostri
E a piena man le grazie versi sui figli nostri!
Le verserà: possibile tutto è a colui se vuole,
Che a un cenno il ciel fe nascere, e la terrestre mole,
A lui che a sull’ empireo stabile impero eterno,
Di questa terra agli uomini fidandone il governo.
In vita, o Dio, deh serbaci, e cantarem tutt’ ora
Oggi ne’ dì che vengono fino all’ estrema aurora.
Che se la morte assaltaci, come potrem di poi
Nell’ ombre e nell silenzio cantare i pregi tuoi?